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Nicola Amore: Principe del Foro, Giudice Istruttore, Capo della Polizia, Consigliere della Corte di appello di Trani, Sindaco e Questore di Napoli, Direttore generale della Pubblica Sicurezza nel ministero Ricasoli, Deputato e Senatore del Parlamento Italiano. La sequenza curricolare, per elencare solo le massime cariche ricoperte, sembrerebbe sufficiente ad evidenziare tutta la magnificenza dell’uomo che Matilde Serao e Gianni Infusino definirono «forse il miglior sindaco che Napoli abbia avuto» 1, eppure, secondo me, la sua dote maggiore andrebbe cercata nelle sue risorse d’umanità, nella sua straordinaria coerenza e onestà intellettuale.
W. Wesley Pue e David Sugarman, eminenti studiosi di storia legale, in un loro interessante lavoro del 2003, parlando di Nicola Amore, scrissero: «His style of pleading at the bar was compared by some to a wild creek, forcefully pulling with it everything on its route over cliffs and abysses down into the valley. Other compared his style to the eruption of the Vesuvius, carrying all obstacles along with its lava stream. Again, others associated him with the famous French speaker Mirabeau. Amore was regarded as an artist in his choice of defence strategy. His admirers praised his well-structured oral pleadings, enriched with technical, scientific and literary knowledge, in which he tended to build surprising twists that enabled him to dramatise his case. It was said that Amore had embodied hope for many, but horror for his opponents, whom he attacked valiantly, not unlike the manner in which General Garibaldi of the Freischaren had attacked his rivals»2.
(«Il suo modo di competere “alla sbarra” è stato paragonato da alcuni ad un torrente selvaggio, che trascina con sè, con forza, tutto ciò che trova sul suo percorso, lungo scogliere e abissi, giù nella valle. Altri hanno paragonato il suo stile all’eruzione del Vesuvio, che travolge tutti gli ostacoli con il suo fiume di lava. Ancora, altri lo hanno avvicinato al famoso oratore francese Mirabeau. Amore è stato considerato un artista nella sua scelta della strategia di difesa. I suoi ammiratori hanno elogiato le sue orazioni, bene strutturate sul piano dialettico, arricchite di conoscenze tecniche, scientifiche e letterarie, con cui egli tendeva a costruire colpi di scena che gli permettevano di drammatizzare il suo caso. Si diceva che Amore incarnasse la speranza per molti, ma l’orrore per i suoi oppositori, che egli attaccò valorosamente, in modo non diverso da come il generale Garibaldi del Freischaren aveva attaccato i suoi rivali»)3.
Le sue qualità professionali, riconosciute, dunque, anche all’estero e additate come esempi di stile, la sua personalità, celebrata ovunque e divenuta ormai storica, tanto da ritornare a più riprese nelle discussioni che, a più di cent’anni dalla sua morte, continuano a riguardarlo, non possono essere avulse da un patrimonio interiore particolare, il quale, forse, è l’unico elemento al quale non è stata, finora, data tutta l’attenzione che merita.
Celebrato ripetutamente il professionista, l’amministratore integro e veemente, il politico sensibile e incorruttibile, poco o nulla ci si è fermati sull’uomo, forse anche per la difficoltà che s’incontra a scavare nel suo passato familiare e nei suoi affetti. Eppure, “scartabellando” tra i giornali, i manifesti e la documentazione d’archivio, c’è qualcosa che balza prepotentemente alla vista, qualcosa che mi ha fortemente colpito e, in qualche modo, ha indirizzato il mio criterio di selezione dei materiali da destinare alla mostra di cui ho avuto l’onore di essere curatore.
Mi riferisco al legame con la sua terra natìa, che neppure la morte riuscì a recidere del tutto. Vi è un documento, in particolare, tra quelli che ho potuto esaminare, che esprime tale motivo con la massima evidenza. Si tratta di un foglio manoscritto (pannello n. 11 della mostra), che registra la nota ufficiale del Comune di Roccamonfina per annunciare alla popolazione un suo lascito finanziario, pari alla metà del suo intero patrimonio, per la costruzione di un “Ospedale del Popolo” nei suoi luoghi d’origine. Si tenga presente che, nonostante i suoi natali, tranne qualche breve e occasionale “rimpatriata”, Nicola Amore aveva vissuto la sua vita interamente a Napoli. Come mai egli si sentiva ancora così legato alla sua terra? Come mai egli scelse di candidarsi nel Collegio di Teano e non altrove per la sua prima elezione al Parlamento? La positiva risposta elettorale, nonostante la levatura del suo competitore Nicola Gigli, Teanese, sembra la risposta più eloquente: il suo affetto per la sua terra d’origine era ampiamente ricambiato dalla stima dei suoi concittadini “per nascita”. Tale affetto si percepisce dalla solennità delle parole con cui il sindaco di Roccamonfina, l’11 ottobre 1894, ne annunciò la scomparsa ai Roccani (pannello n. 10 della mostra),
è testimoniata dal cambio dell’intitolazione della piazza principale del centro di Roccamonfina (pannello 12 della mostra), è testimoniata dal tentativo di portare nel suo luogo d’origine almeno la sua immagine in forma di statua, quando essa fu dismessa dalla piazza napoletana a lui dedicata (pannelli nn. 28-31 della mostra). Oltre alla bellezza delle sue orazioni, alle sue qualità di politico e alla sua valentìa professionale, andrebbero, perciò, indagate con maggiore approfondimento, a mio modesto avviso, anche le sfumature umane, antropologiche, familiari, che riguardano la sua persona, vale a dire quelle sfumature che hanno reso Nicola Amore, nello stesso tempo, “vero” cittadino di Napoli e “vero” cittadino di Roccamonfina. Questo potrebbe essere il tema di un prossimo convegno o l’argomento di una bella ricerca.
Oltre ad uno studio sul diverso impiego del suo lascito ereditario e sulle possibili ragioni che lo hanno determinato, attraverso lo studio delle vicende e delle esigenze di un popolo non metropolitano, potrebbe essere molto utile cercare di rintracciare nelle sue carte “intime”, nei suoi oggetti “di tutti i giorni”, i motivi per delineare i contorni di un uomo che è riuscito ad incuriosire e ad affascinare davvero tutti.
Per le ragioni suddette, ho effettuato la selezione dei materiali esposti partendo dall’atto di nascita, che lo lega indissolubilmente a Roccamonfina e, transitando attraverso la documentazione che ne ha celebrato l’ascesa e i principali momenti di splendore nella vita pubblica e professionale, mi sono sforzato di raggiungere il momento del distacco non celebrandone cronisticamente l’accadimento, ma, piuttosto, cercando di trasmetterne tutto il “pathos”. Infine, attraverso la stampa dell’epoca (gentilmente messa a disposizione dal signor Vittorio Ragucci di Roccamonfina), su cui sono stati evidenziati gli elementi d’interesse, ho cercato di far rivivere i sentimenti, ora celebrativi ora solo e pienamente affettivi, legati al distacco definitivo del grande uomo dal “suo” mondo.
Spero che tale selezione sia in grado di restituire, nella sua interezza, a Roccamonfina il suo figlio naturale che non ha mai dimenticato la sua “alma Mater”; alla città di Napoli il suo figlio adottivo, grande sindaco e magistrato, calato pienamente nei suoi problemi, in una delle tante epoche difficili vissuta dalla “Nea-Polis”; ai ricercatori in genere, nuovi spunti di riflessione e di ricerca legati ad una figura che, nonostante gli studi già effettuati e i tanti anni trascorsi dalla sua morte, non perde la sua straordinaria attualità.
Il presente catalogo raccoglie i materiali esposti presso il Palazzo dei Congressi di Roccamonfina in occasione dell’omonimo convegno e vuole essere un contributo visuale alla migliore conoscenza del professionista e dell’uomo Nicola Amore a beneficio, soprattutto, delle nuove generazioni di cittadini e di studiosi.
Di Adolfo Panarello
Note
“FONDAZIONE NICOLA AMORE PER ROCCAMONFINA O.N.L.U.S.”